Coesione sociale

Rapporto sulla coesione sociale nella provincia di Reggio Emilia – Anno 2010

L’Osservatorio economico, coesione sociale, legalità ha intrapreso un percorso di analisi sul tema del sociale a cura del dott. Gino Mazzoli con la collaborazione dei dottori Francesca Mattioli e Matteo Rinaldini. Quale prima tappa del lavoro ha realizzato il Report  sulla coesione sociale nella provincia di Reggio Emilia costruito partendo dall’idea che:
•    la qualità del sistema economico (che include anche il suo radicamento territoriale) renda più vivibile il territorio anche sul piano delle relazioni sociali;
•    la qualità delle relazioni sociali impreziosisca il territorio anche dal punto di vista economico
•    e, di conseguenza, la qualità di un  sistema territoriale dipenda dall’intreccio, dalla capacità sinergica  di queste due polarità.

Per la realizzazione del lavoro sono state utilizzate numerose serie di indicatori relativi a banche dati, saperi e settori di solito poco portati a dialogare (demografia, economia, finanza, scuola, salute, casa, criminalità, conflittualità giudiziaria, …), incrociando e connettendo una mole ingente di dati quantitativi prodotti da diverse fonti.

Il quadro che emerge, se da un lato conferma l’immagine di una provincia oggi ancora solida sul piano dell’economia, dei servizi di welfare e della società civile, dall’altro lato evidenzia come questa stessa provincia sia stata investita negli ultimi vent’anni da un terremoto demografico-migratorio di proporzioni epocali.

Alcuni dati sull’incremento demografico:
•    tra il 1991 e il 2009 la provincia di Reggio Emilia è aumentata di 100.000 abitanti (una città);
•    tra il 2000 e il 2008 l’aumento è stato di 70.000 abitanti (l’equivalente di Carpi);
•    fra il 2003 e il 2008 c’è stata una la crescita di 46.000 abitanti: l’incremento più alto in Europa;
•    nel 2008 +19,4% : l’incremento più alto in Italia;
Ciò che non è abitualmente considerato è il dato della crescita dell’emigrazione che ha accompagnato quella dell’immigrazione. Sommando i due movimenti migratori e il saldo naturale, emerge che la provincia di Reggio Emilia ha vissuto tra il 2000 e il 2009 un ricambio di più di 460.000 abitanti; in pratica l’equivalente dell’intera popolazione. Poiché un consistente zoccolo non ha cambiato residenza, si può immaginare il peso del turnover di abitanti soprattutto in alcune zone della provincia e quanto questa continua modificazione demografica possa incidere nella coesione sociale.

Alcuni dati sull’immigrazione:
•    gli stranieri nella nostra provincia sono (all’1.1.2010) 64.512 (12,3% sul totale della popolazione (10,5% in Emilia-Romagna, 7% in Italia); Reggio Emilia è costantemente ai primi posti della classifica italiana da questo punto di vista;
•    fra il 2000 e il 2009 gli immigrati stranieri sono cresciuti di 50.000 unità, rappresentando circa l’80% dell’aumento demografico della popolazione provinciale in quello stesso periodo;
•    ben 5 dei primi 8 comuni con la maggior percentuale di immigrati della regione Emilia-Romagna, appartengono alla provincia di Reggio Emilia (Luzzara, Rolo, Fabbrico, Boretto, Campagnola);
•    la tipologia di immigrati è molto variegata (136 nazionalità: record nazionale): quasi il 60% degli immigrati è concentrato in 6 nazioni (Marocco, Albania, India, Pakistan, Cina e Romania);
•    è forte l’aumento degli immigrati nell’area dei minori (fra i nuovi nati in provincia di Reggio 1 su 5 è straniero); di conseguenza nelle scuole di ogni ordine e grado si registrano percentuali crescenti di studenti stranieri, che nel 2009 erano 6.910 (il 15,2% del totale degli studenti, con punte del 24% nelle scuole per l’infanzia statali e di quasi 40% nel comune di Luzzara;
•    consistente è il contributo degli immigrati:
–    al mondo del lavoro: Reggio Emilia ha la più alta percentuale in Regione di immigrati occupati: sono oltre 30.000 i lavoratori dipendenti e oltre il 10% sul totale delle ditte individuali;
–    a quello dell’assistenza: 5.680 badanti al 31.10.09 – ma considerando quelle irregolari il dato dovrebbe essere perlomeno raddoppiato -, oltre 3400 operatori dell’area sociosanitaria avviati al lavoro all’interno di strutture pubbliche o cooperative sociali tra il 2005 e il 2009;
–    ma anche della costruzione della ricchezza: nel 2009 tra contributi previdenziali e gettito fiscale gli immigrati della nostra provincia hanno versato all’erario 218.500.000 €.

Sembra insomma stia avvenendo una trasformazione della gens reggiana di natura culturale, antropologica, di tale portata da iniziare ad incrinare l’approccio consueto rispetto ai problemi dell’integrazione che immagina una comunità locale autoctona (maggioritaria nella società civile e governante le istituzioni e i servizi) che si mobilità per favorire l’accoglienza degli stranieri e la composizione delle diverse piattaforme culturali presenti all’interno del territorio.
Un nuovo approccio al problema della coesione sociale, a fronte di questi cambiamenti così consistenti, richiede la costruzione di negoziazioni e di patti con i nuovi arrivati che partano anche dalle risorse (come abbiamo visto consistenti sul piano sociale ed economico) di cui questi ultimi sono portatori.

Inoltre se fino alla fine degli anni ‘90 questo imponente cambiamento è stato salutato come fattore di sviluppo collegato alla crescita della nostra economia, con il tempo – ancor prima della recente crisi economica – ha iniziato a porre problemi di integrazione, resa oggi più critica dal fenomeno diffuso in tutto il mondo occidentale dello sfilacciamento delle reti sociali e familiari. La crisi degli ultimi due anni, rendendo più difficile la condizione economica delle famiglie reggiane, inizia a porre problemi di competizione per le risorse, che si percepiscono in decrescita, da parte degli autoctoni – e degli immigrati dal sud Italia – verso gli stranieri.

All’interno di questa imponente trasformazione si inseriscono segnali di difficoltà che attraversano ceti sociali finora mai attraversati dal rischio della povertà.

Alcuni di questi segnali sono strettamente legati alla recente crisi economico-finanziaria: la somma delle persone in cassa integrazione e di quelle in cerca di occupazione raggiunge il 20% della forza lavoro provinciale  , con intuibili rischi di apertura di conflitti sociali.

Altri segnali sono invece l’esito di lunghe sedimentazioni:
•    Reggio Emilia è una delle province con le famiglie più indebitate d’Italia (undicesimi nel 2009, ottavi nel 2008), con un aumento delle sofferenze bancarie triplo rispetto alla media regionale e con un consistente ricorso al credito al consumo per acquisti rateali (una vita vissuta al di sopra dei propri mezzi?);
•    c’è un aumento costante nel tempo e decisamente elevato degli utenti dei servizi psichiatrici (dal 1990 al 2009 si passa da 500 a 6.500), così come del numero dei minori in carico ai servizi sociali (sono quasi l’8% del totale della popolazione 0-18 anni della nostra provincia; sono più di 8.000 con un aumento di quasi 2.300 negli ultimi tre anni);
•    infine l’aumento di episodi di criminalità e il record in regione di costruzioni edilizie (nonché di appartamenti invenduti) propone qualcosa in più di un semplice interrogativo (come del resto già autorevolmente sostenuto), sulle infiltrazioni malavitose nel nostro tessuto sociale e produttivo.

Riassumendo, da questa prima ricognizione Reggio Emilia si propone come una provincia ancora forte, ma più vulnerabile: indebitata, meno certa del posto di lavoro, con un tasso crescente di sofferenza psichica, attraversata dalla malavita.

Allo stesso tempo nuove risorse si delineano; in particolare il settore sociale (l’area che in questo momento sembra maggiormente in grado di produrre occupazione), che, per la sua forte presenza di persone immigrate e per la delicatezza delle dimensioni interiori che intercetta nei cittadini, si propone come un terreno assolutamente propizio per la costruzione di integrazione e coesione sociale, a patto di evitare al lavoro sociale di ritornare a ricadere nell’informalità e nel sommerso (vedi il caso delle badanti).

La ricognizione compiuta suggerisce ai diversi soggetti economici, sociali e istituzionali di mettersi celermente e coralmente all’opera non mettendo da parte, ma di andare oltre una rappresentazione di performatività assoluta che la provincia di Reggio Emilia ha sempre avuto di se stessa; non perché non sia stata valida in passato, ma perché oggi è chiamata a misurarsi con le modificazioni che attraversano tutto il mondo occidentale.

L’Osservatorio proseguirà attraverso approfondimenti specifici che potrebbero riguardare ad esempio l’educazione al consumo responsabile e la gestione del bilancio familiare, aspetti del sociale volti a migliorare il livello di coesione del nostro territorio.

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